I dati 2019 del settore agroalimentare di qualità presentati nell’ultimo Rapporto Ismea-Qualivita 2020 confermano il trend di crescita degli ultimi 10 anni. Ma sono i dati dei primi 9 mesi del 2020 a evidenziare la resilienza di un settore che ha saputo reagire meglio di altri allo scoppio della pandemia da Covid-19: a fronte dell’impatto della pandemia sul complesso dei beni e servizi esportati (-11,6%), l’agroalimentare ha registrato una crescita del +2,8%. Si tratta naturalmente di una battuta d’arresto rispetto al trend, ma costituisce un importante segnale che conferma la forza di un settore chiave per le esportazioni italiane. La crescita dell’export agroalimentare si deve alla performance dei primi mesi del 2020 (su base annua +10,1% a gennaio, +11,4% a febbraio, +9,8% a marzo) a cui è seguito un calo ad aprile (-1,5%) e un vero e proprio tonfo a maggio (-10,2%). Nei restanti mesi e fino a settembre il settore ha registrato variazioni mensili contenute ma comunque positive.
Il 2019 ha sicuramente segnato la fine di una lunga fase di sviluppo delle filiere dei prodotti a Indicazione Geografica (IG), trainata da modelli organizzativi di valorizzazione territoriale e da fattori specifici appartenenti alle caratteristiche dei prodotti che sono state esaltate nelle politiche commerciali, sia rispetto ai mercati domestici che a quelli internazionali. Per quanto riguarda il mercato nazionale, il quasi azzeramento degli ordini del canale Horeca nel corso del primo lockdown ha avuto un enorme impatto sulle performance del settore, con l’assenza dei turisti e le misure di distanziamento a limitare i pasti erogabili, a cui si sono aggiunte le chiusure delle attività di ristorazione. D’altra parte, l’andamento dei consumi alimentari domestici delle famiglie nel 2020, cresciuta del +7% nei primi nove mesi, è riuscito a limitare l’impatto negativo sul settore alimentare e sull’agricoltura. La chiusura e le restrizioni alla mobilità hanno profondamente modificato le modalità di acquisto e consumo e la composizione stessa del carrello della spesa delle famiglie italiane. Sono esplose la spesa online e il food delivery, e sono stati favoriti i consumi di prodotti di prossimità e qualità. La seconda ondata pandemica dell’autunno ha imposto nuove misure restrittive che hanno avuto un forte impatto su tutta la filiera agroalimentare, comprese le IG, soprattutto attraverso il canale Horeca.
A inizio 2020 tutto è stato messo in discussione e anche il modello di competitività del settore agroalimentare è stato riscritto sulla base di obiettivi assai ambiziosi di sostenibilità, fissati a livello comunitario con il Green Deal, la prima delle priorità della Commissione europea per il 2019-2024. Le traiettorie di crescita si sono interrotte e il 2020 è diventata quindi l’occasione di guardare avanti immaginando il futuro del settore.
Ma la sostenibilità, leva strategica di sviluppo, è già nel DNA delle produzioni IG. Pandemia e crisi economica hanno colpito duramente il settore, ma l’agroalimentare italiano di qualità ha in sé tutte le caratteristiche necessarie per ripartire. Grazie al tradizionale legame con il patrimonio ambientale, sociale ed economico dei territori, le IG hanno sempre un ruolo fondamentale nei processi di transizione verso modelli produttivi più sostenibili, attenti alla tutela della salute e dell’ambiente. E rappresentano un mercato strategico per il nostro Paese. Sono la qualità dei prodotti e la tradizione dei territori che, negli anni, hanno contribuito a restituire un’immagine del nostro Paese forte e credibile.
Con i suoi oltre 800 prodotti a marchio DOP, IGP, STG, l’Italia è leader in Europa e nel mondo per numero di prodotti IG, e ha quindi una grande occasione di ripresa.
Ma la forza di un settore come questo poggia sulla fiducia che i consumatori riconoscono alla qualità dei prodotti. In Europa, questa è garantita da un sistema di controllo teso a verificare la conformità ai disciplinari di produzione riconosciuti, monitorando nel contempo l’uso dei nomi registrati sui prodotti immessi in commercio. Il sistema è basato, oltre che sulla vigilanza affidata all’Autorità Pubblica e all’autocontrollo dei produttori, sulle attività degli organismi di controllo accreditati da Accredia, se privati, e autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. A fine 2020 erano 29 gli organismi di controllo in possesso di accreditamento, di cui 25 per le produzioni agroalimentari IGP, DOP ed STG e 12 nel mercato vitivinicolo di qualità. Il settore dei vini, in particolare, ha visto un aumento delle attività di verifica e del numero degli organismi, passati da 9 a 12.
Complessivamente, nel 2020 le attività di verifica eseguite da Accredia sugli organismi di controllo sono diminuite di 10 giornate uomo, attestandosi a 135 giornate. In particolare sono i controlli a fronte del Regolamento UE 1151/2012 nel settore food ad aver risentito dell’ondata pandemica, con il calo delle attività di accompagnamento che rappresentano, rispettivamente nei settori food e wine, il 34,7% e il 13,5% del totale delle attività di verifica. Dall’altra parte, nel 2020 le attività in sede presso gli organismi di controllo nel settore vini sono aumentate arrivando a 32 giornate.
Lo straordinario successo del settore fino a prima della pandemia è stato possibile anche grazie a un supporto normativo che ha trovato sponda nelle molteplici attività di controllo nelle quali Accredia gioca un ruolo di protagonista. La fiducia nella rispondenza dei prodotti ai disciplinari di produzione, basata sul sistema di controllo di cui Accredia è parte integrante, è infatti fondamentale per il buon funzionamento dei mercati. E oggi più di ieri, sfruttare pienamente l’occasione di ripartenza fornita dalle produzioni IG richiede un sistema efficiente ed efficace nel verificare e promuovere le caratteristiche dei prodotti. In questa fase delicata è quindi ancora più importante garantire consumatori e imprese sulla qualità dei prodotti per non dissipare quel capitale di fiducia costruito negli anni con serietà e passione.