La presentazione della decima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) dell’ISTAT è l’occasione per riflettere sull’importanza di avere misure sempre nuove che descrivano l’attuale società, più complessa rispetto al passato e sostenibile.
Fin dalla sua nascita, nel 2010, il progetto d’indagine del Bes si è basato sul dialogo con la comunità scientifica e con la società civile: due commissioni hanno coinvolto organizzazioni di volontariato, associazioni ecologiste, sindacati, associazioni di categoria, associazioni femminili e la comunità scientifica internazionale. Anche i cittadini sono stati coinvolti tramite una indagine campionaria di 45mila persone. In questi anni, il sistema di indicatori del benessere ha fornito informazioni centrali per le politiche, su questioni rilevanti per la vita dei cittadini.
Gli indicatori e le dimensioni del benessere
La comunità scientifica internazionale ha proposto soluzioni fondate su quadri teorici multidisciplinari, per arrivare a definire una nozione di benessere completa. Ad esempio, nel Rapporto della Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi si legge: “La Commissione raccomanda, inoltre, di misurare il benessere attraverso un approccio multidimensionale che tenga conto anche degli aspetti di valutazione soggettiva dei cittadini e di considerare indicatori di sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e sociale”.
Da allora il sistema Bes è in costante evoluzione. Dai 134 della prima edizione del 2013 si è arrivati ai 152 indicatori raccolti in 12 dimensioni, che descrivono la multidimensionalità del concetto di benessere, in particolare:
Il processo di globalizzazione delle società ci ha restituito un mondo molto più complesso rispetto al passato e in continuo cambiamento. Oggi sappiamo che il modello di crescita, basato sulla sostenibilità richiede nuove esigenze di tutela della salute e sicurezza dei cittadini. Le attività che costituiscono la cosiddetta Infrastruttura per la Qualità, ovvero metrologia, normazione, accreditamento e valutazione della conformità, nascono proprio per fornire quegli elementi di fiducia e sicurezza necessari alle nostre società, prima ancora che ai mercati, per funzionare. Strumenti tecnici come le valutazioni della conformità accreditate hanno la potenzialità di diventare nuove utili misure per descrivere società ed economie.
Le misure statistiche per le politiche pubbliche
L’esigenza di trovare misure statistiche che integrino le informazioni economiche tradizionali come il Pil è sempre stata presente ai Governi. L’integrazione con misure sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale delle informazioni statistiche tradizionali ha infatti portato il Governo italiano, con la Legge 163/2016, a riformare la legge di bilancio, includendo il Bes, attraverso una selezione di indicatori, nella definizione delle politiche economiche. L’indagine è quindi uno strumento di misurazione accurato delle disuguaglianze e delle aree di criticità, mettendo in luce i maggiori bisogni di intervento e di investimento pubblici in politiche e servizi.
Le analisi presentate nel Bes 2022 si concentrano nelle dinamiche di recupero delle dimensioni di benessere economico e sociale rispetto al periodo precedente alla pandemia. I dati più recenti che consentono di effettuare confronti con il 2019 (109 indicatori sul totale di 152) mostrano che per 58 indicatori di benessere, oltre la metà, si registra un miglioramento nell’ultimo anno disponibile rispetto al livello del 2019. I domini che dalla crisi pandemica hanno registrato un arretramento sono: “Benessere soggettivo”, “Relazioni sociali” e “Benessere economico”, oltre che, ovviamente, “Salute” Al contrario, nei domini “Sicurezza”, “Qualità dei servizi” e “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” si registrano avanzamenti nella maggior parte degli indicatori (oltre il 70%) rispetto al 2019.
Nota: Per ciascun dominio è indicato in parentesi il numero di indicatori confrontabili tra il 2019 e il 2022 (o il 2021 quando non disponibile). Nell’intervallo -1% e +1% la variazione è considerata stabile. Nel calcolo delle variazioni si è tenuto conto della popolarità dell’indicatore, per considerare il miglioramento o peggioramento in termini di benessere.
La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei Paesi europei (UE 27) mostra una situazione peggiore per l’Italia. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini “Istruzione e formazione e Lavoro” e “Conciliazione dei tempi di vita”. Tra questi, la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (NEET), che in Italia raggiunge il 19,0% rispetto all’11,7% della media UE 27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria, che corrisponde al 27,4% in Italia e al 42,8% in media UE 27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto a 69,4% per la media UE 27). Lo svantaggio dell’Italia nel contesto dell’UE 27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori di Benessere economico, tra cui il rischio di povertà, la grande difficoltà ad arrivare a fine mese e la disuguaglianza del reddito netto.
Il caso: certificazione accreditata della parità di genere
Il tema delle differenze di genere è entrato ormai stabilmente nella lettura dei fenomeni politici e sociali e, in questa edizione del Bes la disaggregazione per genere evidenzia il ritardo del nostro Paese rispetto a questa dimensione di analisi. Dall’analisi per genere degli 88 indicatori che consentono questa disaggregazione, emerge che il 39% degli indicatori fotografa ancora uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile. In particolare, il tasso di occupazione femminile risulta molto lontano dalla media europea e così basso da vedere esclusa dalla indipendenza economica quasi la metà delle donne.
Le disparità di genere rilevate relativamente al mercato del lavoro, di cui il tasso di occupazione riassume la rilevanza, sono ancor più significative se lette insieme agli indicatori specifici sulla formazione. Le donne, mediamente, studiano di più e più a lungo dei maschi con una percentuale di laureati e altri titoli terziari pari al 33,8% (rispetto al 21% dei maschi).
La questione della parità di genere, dimensione significativa di un tema centrale per le politiche di sviluppo come l’inclusione, è certamente parte delle politiche del Governo, impostate con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Anche in quest’ambito, come in molti altri, la certificazione accreditata della parità di genere contribuisce al raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Nel dettaglio, la Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 prevede un processo di verifica di elementi oggettivi (parametri di valutazione, misurazione e rendicontazione) che aiutano l’organizzazione certificata a intraprendere un percorso virtuoso verso la parità di genere. L’ottenimento della certificazione accreditata da parte dell’impresa, oltre a rafforzare l’immagine e reputazione aziendale, consente alle organizzazioni di accedere a sgravi contributivi e a premialità, da parte delle stazioni appaltanti, in fase di aggiudicazione dei bandi pubblici. Inoltre, supporta il rispetto dei requisiti normativi e favorisce la rendicontazione sull’impiego maschile e femminile.
La certificazione per la parità di genere è un esempio significativo di come gli strumenti dell’Infrastruttura per la Qualità possano contribuire al benessere della società e rappresentino un utile strumento di monitoraggio per misurarne gli avanzamenti, in un quadro multidimensionale come quello definito, ma in continuo cambiamento, dal Rapporto Bes.