La Corte di Cassazione, con sentenza dell’11 maggio scorso (n. 9645), ha riconosciuto il diritto del cittadino, a cui venga contestato il reato della violazione dei limiti di velocità su strada, di essere sottoposto a sanzione solo se la misurazione della velocità è eseguita con strumentazione regolarmente sottoposta a taratura.
Il pronunciamento si adegua alla sentenza della Corte Costituzionale del 18 giugno 2015 (n. 113) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6 del Decreto legislativo n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.
La Corte di Cassazione, in primo luogo, riafferma il principio che tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate per attestarne il corretto funzionamento, dal momento che i fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.
Ma si spinge anche oltre, affermando che il corretto funzionamento non può essere dimostrato o attestato con mezzi diversi dalle certificazioni di conformità al modello omologato, e che solo la periodica taratura può darne evidenza.
Si tratta di un altro passo verso la corretta interpretazione della taratura, che contribuisce al riconoscimento dell’affidabilità offerta dai certificati rilasciati sotto accreditamento, e del principio che il cittadino non deve riporre fiducia in un controllo senza l’evidenza della taratura dello strumento o apparecchiatura con cui è eseguito. Un presupposto tanto più importante nel momento in cui il cittadino non ha la possibilità di ripetere l’accertamento per dimostrare l’eventuale errore sotteso alla misurazione.
Tali considerazioni erano sate ribadite dall’Avv. Ilaria Rivera del servizio studi della Corte Costituzionale, che ha commentato la sentenza del 18 giugno 2015 durante il suo intervento al XXX Convegno del Centri di taratura accreditati, organizzato da ACCREDIA lo scorso 22 aprile a Torino.
Il diritto del cittadino a dimostrare che lo strumento poteva non essere correttamente funzionante – è stato chiarito – viene meno perché egli non è in grado di ripetere la prova e quindi ha diritto a ricevere l’evidenza del controllo prima di vedersi comminata la sanzione.
L’evidenza è proprio il certificato di taratura rilasciato sotto accreditamento, che è in grado di offrire, al cittadino, al mercato e alle istituzioni, la garanzia di terzietà rispetto al produttore dell’autovelox e dello stesso utilizzatore. Il certificato di taratura accreditato garantisce infatti che la taratura è eseguita in indipendenza di giudizio e assenza di conflitto di interesse rispetto allo stato dello strumento, e che lo strumento è in grado di fornire misure oggettive, regolarmente controllate da ACCREDIA con il meccanismo delle valutazioni periodiche di sorveglianza.
Nel 2015, sotto accreditamento ACCREDIA sono stati rilasciati 2.195 certificati di taratura dei sistemi di rilevamento della velocità istantanea dei veicoli, i cosiddetti autovelox, in crescita del 170% sul 2014, quando erano 814. Sono 3 i Laboratori accreditati per tarare gli autovelox, ma nuove richieste di accreditamento riguardano i Laboratori che effettuano la taratura degli strumenti di rilevazione della velocità media, o tutor, anch’essi oggetto della sentenza della Corte costituzionale. Un altro Laboratorio è accreditato per la taratura dei dispositivi di rilevazione delle infrazioni semaforiche e altri 3 per la taratura dei cronotachigrafi.