Un importante riconoscimento del ruolo di Accredia arriva con la sentenza (n. 668/2017) del 6 ottobre scorso da parte del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, che ha accolto l’appello di Accredia sull’accreditamento dei laboratori, riconoscendo il suo ruolo per la tutela degli interessi e del bene pubblico.
Il Consiglio ha ribaltato la sentenza del Tar (ordinanza n. 951/2017), che aveva accolto in sede cautelare il ricorso di un laboratorio siciliano (Analisi G. Caracciolo S.r.l) di analisi su prodotti alimentari, escluso dall’elenco regionale perché non accreditato da Accredia.
La vicenda
Il Laboratorio aveva chiesto l’annullamento, previa sospensiva, del Decreto del 9 marzo 2017 del Dirigente Regionale per le Attività sanitarie e Osservatorio Epidemiologico della Regione Sicilia, riguardante l’“Aggiornamento dell’elenco regionale dei laboratori che effettuano analisi nell’ambito delle procedure di autocontrollo delle imprese alimentari”, dal quale era stato escluso perché non accreditato da Accredia.
Il laboratorio aveva sostenuto l’illegittimità di tale esclusione, visto il possesso di un certificato di accreditamento rilasciato dalla Perry Johnson Laboratory Accreditation Inc., Ente di accreditamento avente sede negli Stati Uniti d’America.
In sostanza, il laboratorio chiedeva di legittimare in Italia, e quindi nell’Unione europea, la validità e l’efficacia, di un certificato di accreditamento rilasciato a un soggetto italiano, da un Ente di accreditamento avente sede negli Stati Uniti d’America.
La sentenza del Tar
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha accolto l’appello di Accredia, privilegiando la salvaguardia della salute pubblica e il rispetto degli standard europei di sicurezza e controllo.
In particolare il Consiglio ha tenuto conto del Regolamento europeo n. 765/2008 che fissa le regole sull’esercizio dell’accreditamento in tutti i Paesi UE. Esso stabilisce che per ogni Paese ci sia un solo Ente di accreditamento. L’Ente deve inoltre essere membro dell’organismo europeo EA (European co-operation for accreditation), riconosciuto dalla Commissione europea, e deve aver superato con successo le valutazioni inter pares per garantire, agli Stati membri, l’equivalenza dei servizi prestati.
Il Regolamento, come si legge agli articoli 6 e 7, obbliga i soggetti interessati a rivolgersi “all’organismo nazionale di accreditamento dello Stato membro in cui sono stabiliti” e non a un Ente di un Paese terzo, al fine di evitare un “uso mercantile” dell’accreditamento, mentre il Reg. n. 765/2008 vuole evitare la concorrenza tra gli Enti nazionali degli Stati membri.