Nel 2019 la ripresa economica ha esaurito il suo slancio e l’incertezza ha continuato a dominare la congiuntura internazionale. Sullo sfondo di tensioni geopolitiche e commerciali, il cambio dei paradigmi economici, alimentato da una crescente consapevolezza ambientale e dall’innovazione tecnologica, richiede con urgenza un settore produttivo in grado di rinnovarsi. L’efficace funzionamento di meccanismi di sostituzione tra imprese non può però avvenire in un contesto normativo e di mercato opaco e troppo lento nell’assecondare l’evoluzione del quadro economico e tecnologico. Nonostante l’economia italiana sia una delle più fragili in Europa, ha dimostrato un elevato grado di resilienza alle sfide di questi anni. Il sistema delle PMI è stato infatti in grado di reagire e rinnovarsi in un contesto certamente non facile.
Secondo i dati Istat, nel 2017 erano poco meno di 4,4 milioni le PMI in Italia, cresciute di numero dopo la forte flessione a partire dalla crisi dei debiti sovrani in Europa.
Queste impiegavano oltre 13 milioni di addetti e rappresentavano (e continuano a rappresentare) il motore dell’economia nazionale.
Un passo avanti per il miglioramento del contesto regolatorio nel quale fare impresa è stato fatto con il D.Lgs. 14/2019 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” che, dopo oltre settanta anni, ha riformato in modo organico la disciplina fallimentare e ha introdotto procedure di allerta per favorire l’emersione precoce di situazioni di crisi. Le nuove disposizioni sono l’occasione per promuovere quel processo di sostituzione tra imprese necessario al rinnovamento del tessuto produttivo: il duplice obiettivo del Codice è di favorire il risanamento di imprese che versano in una situazione di crisi temporanea e di rendere più rapida e meno costosa l’uscita dal mercato di aziende che invece sono in una situazione di crisi irreversibile.
Le procedure di allerta previste si basano su due pilastri: gli strumenti di allerta, che devono far emergere precocemente i casi di crisi, e gli obblighi organizzativi, secondo i quali le aziende devono dotarsi di “assetti organizzativi adeguati alla rilevazione tempestiva della crisi”. L’effettiva adesione a tali pilastri può generare benefici consistenti per il sistema economico supportando le imprese a superare una fase di difficoltà finanziaria per ristrutturarsi e tornare in attivo o, al contrario, preservando il valore dei cespiti delle imprese per cui la crisi è invece irreversibile, attraverso procedure più rapide ed efficaci.
Il successo della riforma dipenderà in modo cruciale da come sarà accolta e implementata dagli imprenditori e dai professionisti coinvolti. Se il sistema affronterà la riforma in una logica di mera compliance, senza adeguare i modelli organizzativi, i costi supereranno di gran lunga i benefici, come riportato nel Rapporto Cerved PMI 2019.
Al contrario, i vantaggi di una diffusa adozione di sistemi di gestione del rischio d’impresa non sarebbero limitati alla capacità di intercettare precocemente le crisi: questi sistemi garantiscono infatti importanti vantaggi alle aziende, consentendo di orientare le scelte relative agli investimenti e alle politiche di finanziamento, alla composizione delle fonti e al loro costo. Sono inoltre strumenti in grado di rendere le piccole imprese – a cui le banche applicano oggi tassi di interesse poco correlati con il loro rischio di default – più trasparenti. In altre parole, il Codice della crisi d’impresa offre un’occasione per un salto di qualità delle imprese verso l’efficienza organizzativa e gestionale.
Utilizzando sia il parere di esperti, sia il proprio patrimonio informativo sul sistema delle imprese italiane, Cerved, nel Rapporto 2019 dedicato alle PMI, ha provato a stimare l’impatto che avrebbe l’applicazione del D.Lgs. 14/2019 sull’economia italiana attraverso un’analisi costi-benefici. Secondo le analisi, in uno scenario di puntuale applicazione degli obblighi organizzativi, con sistemi di gestione del rischio d’impresa e di tesoreria diffusi tra tutte le imprese e procedure di composizione della crisi efficaci, i benefici sarebbero ampiamente superiori ai costi. In questo scenario, gli investimenti (6 miliardi) che le imprese dovrebbero sostenere sarebbero significativi, ma i benefici (9,9 miliardi) sarebbero molto superiori.
In sostanza, le nuove norme obbligano le imprese italiane a dotarsi di sistemi organizzativi in grado di diagnosticare l’evoluzione del rischio di default a breve e a medio termine. Un deciso cambio di rotta per le nostre piccole imprese, spesso abituate a navigare a vista. In un sistema come quello italiano, in cui prevale un modello di impresa familiare senza una netta separazione tra management e proprietà, l’obbligo di dotare le aziende di sistemi di autovalutazione può costituire un passaggio complicato. Sempre secondo il Rapporto Cerved PMI 2019, solo il 44% delle imprese è pienamente a conoscenza dei nuovi obblighi organizzativi e di queste solo il 7% si è già dotato di un sistema organizzativo, adeguandosi al Codice.
Ma le società dovranno disporre di strumenti di monitoraggio in grado di prevedere in anticipo l’andamento dei flussi economici e soprattutto della tesoreria aziendale. Per dimostrare l’istituzione di un assetto organizzativo adeguato a natura e dimensioni dell’impresa, in grado di rilevare tempestivamente le crisi e un monitoraggio analitico della gestione aziendale e della tesoreria, l’imprenditore potrà ricorrere alla certificazione accreditata del sistema di gestione del credito commerciale secondo lo schema proprietario CRMS FP:07 2015 e del servizio di tesoreria in base alla più recente Prassi di Riferimento UNI/PdR 63:2019.
Il valore aggiunto di tali strumenti è rappresentato dalla garanzia di una valutazione di terza parte indipendente data dall’accreditamento. Indipendenza e reputazione costituiscono la cornice all’interno della quale la certificazione accreditata dei sistemi di gestione acquisisce un valore particolare per le imprese e per il sistema economico. Aderire a sistemi di gestione certificati sotto accreditamento porta ad un miglioramento sistemico e a quel salto di qualità verso una maggiore efficienza organizzativa e gestionale.