Ogni consumatore vorrebbe ritrovarsi nel piatto ciò che ha acquistato, con la certezza che non sia oggetto di frodi o sofisticazioni. E avere garantita quella sicurezza alimentare che coinvolge direttamente l’economia del nostro Paese. Se si riuscissero a controllare tutte le contraffazioni, l’export agroalimentare italiano potrebbe recuperare quei 120 miliardi di euro per il falso Made in Italy, secondo le stime di Coldiretti.
Le frodi alimentari
Con il termine frode si intende un comportamento illecito intenzionale con il quale si modificano le caratteristiche del prodotto (alterazione, adulterazione, sofisticazione, contraffazione). Nel settore alimentare, la normativa riguarda sia le frodi alimentari sanitarie, che costituiscono un pericolo per la salute pubblica sia quelle commerciali, che favoriscono profitti illeciti a danno del consumatore. La normativa regolamenta anche il sistema dei controlli, che in Italia è coordinato dal Ministero della Salute per la sicurezza alimentare e dal Ministero dell’Agricoltura per gli aspetti di qualità ed etichettatura.
I laboratori dei controlli ufficiali
La sicurezza alimentare è un territorio complesso e, per questo, molti laboratori utilizzano l’accreditamento per l’esecuzione delle prove. I controlli ufficiali eseguiti dai laboratori accreditati da Accredia in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 garantiscono, infatti, la competenza, imparzialità e trasparenza. In Italia sono quasi 200 i laboratori pubblici designati per i controlli ufficiali.
Come spiega la Vice Direttrice Generale e Direttrice del Dipartimento Laboratori di prova di Accredia Silvia Tramontin ad Alimenti&Bevande, i metodi analitici per scoprire le frodi alimentari sono numerosi e affidabili, e molti sono applicati dai laboratori accreditati.
L’accreditamento contro le frodi
Essendo le frodi oggetto di contenziosi, molti laboratori hanno scelto l’accreditamento come garanzia di competenza nell’esecuzione delle prove richieste per individuarle. Tali prove devono essere eseguite secondo i metodi definiti dalla normativa cogente, quando presenti.
In altri settori, come raccomanda il Regolamento UE 2017/625 sui controlli ufficiali, sono disponibili metodi redatti da organismi internazionali, come EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization), WOHA (World Organisation for Animal health), COI (International Olive Council) e OIV (International Organisation of Vine and Wine).
Le informazioni in etichetta
Nell’Unione europea, l’etichetta è il principale strumento per comunicare le caratteristiche dei prodotti e far prendere decisioni consapevoli al consumatore: il Regolamento UE 1169/2011 stabilisce i criteri sulla messa a disposizione e sul posizionamento delle informazioni mentre il Regolamento UE 2018/775 fa riferimento all’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento.
Senza dimenticare che, spesso, oltre ai requisiti generali di etichettatura, vengono espresse disposizioni specifiche applicabili a talune categorie di alimenti. Inoltre, le aziende produttrici, oltre a inserire le informazioni obbligatorie per legge, spesso forniscono anche informazioni volontarie, appoggiandosi alle certificazioni accreditate per fare emergere particolari caratteristiche del prodotto. È il caso, per esempio, dei prodotti biologici e dei regimi di qualità come DOP e IGP, rilasciati da organismi di controllo accreditati da Accredia e autorizzati dal Ministero dell’Agricoltura. A queste, si possono anche affiancare le certificazioni a fronte di disciplinari privati come nel caso dei prodotti privi di olio di palma e di OGM.
Il gioco di squadra
Per combattere le frodi, conclude Silvia Tramontin, è sempre necessario un lavoro comune tra Autorità competenti, produttori e consumatori. Perché leggere in modo critico le etichette e porre una attenzione sempre maggiore e più consapevole agli acquisiti on line, valutare il rapporto adeguato del prezzo di vendita di un prodotto rispetto alle sue caratteristiche diffidando di prezzi troppo bassi, sono tutte attività che i consumatori possono mettere in atto al momento dell’acquisto. Il che significa, in sintesi, costruire insieme una consapevolezza del valore dei prodotti del Made in Italy.