Secondo gli ultimi dati Confcommercio, i professionisti non iscritti a Ordini, Albi o Collegi sono aumentati del 100% in 12 anni, anche per lo sviluppo delle nuove professioni connesse alle tecnologie emergenti. Infatti, sempre più categorie professionali scelgono l’autoregolamentazione prevista dalla Legge 4/2013 come garanzia del riconoscimento delle proprie professionalità e competenze.
Anna Rita Fioroni, Presidente di Confcommercio Professioni e coordinatrice della Cabina di regia professioni di UNI spiega come funziona la qualifica dei professionisti non ordinistici e di come possa ancora crescere il sistema a dieci anni dalla Legge 4/2013.
Dottoressa Fioroni, può spiegarci di cosa si occupa l’associazione che lei presiede e quali progetti porta avanti?
Confcommercio Professioni è la federazione di settore di Confcommercio che riunisce le associazioni professionali del sistema confederale. E, quindi, rappresenta il lavoro autonomo professionale che sta acquisendo un ruolo da protagonista nello sviluppo del Paese. Per questo, promuoviamo la formazione permanente dei professionisti e abbiamo come obiettivo quello di rendere più efficace il coordinamento tra le associazioni nazionali che rappresentano le singole professioni, e le organizzazioni territoriali di Confcommercio.
Sono 445.000 i professionisti che in Italia non sono iscritti agli Ordini e hanno la partita IVA. Rispetto al periodo prima del Covid, sono aumentati del 4%. Il 53% sono uomini e il 47% donne e il 60% lavora da solo, mentre circa il 40% lavora con dei collaboratori. Stiamo parlando di consulenti e formatori aziendali, amministratori di condominio, designer, wedding planner, influencer, professionisti del benessere e del movimento, della prevenzione per la sicurezza sul lavoro. Oltre che di professionisti ICT, guide turistiche e tanti altri ancora.
In rappresentanza di queste categorie, come Confcommercio Professioni chiediamo più tutele, un welfare inclusivo, politiche attive mirate, un sistema di incentivi su misura. E presentiamo le nostre proposte partecipando ai tavoli istituzionali e al Tavolo tecnico permanente sul lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro. Inoltre, proprio ai sensi della Legge 4/2013, veniamo convocati in via permanente dal Ministero delle Imprese del Made in Italy per la definizione dei parametri dell’equo compenso.
A dieci anni dalla Legge 4/2013, di cui lei è stata relatrice, può fare un bilancio dei risultati raggiunti e delle nuove aspettative?
La Legge nasce per introdurre una nuova disciplina delle professioni non organizzate in Ordine o Collegi, ma anche per creare un nuovo modello di rappresentanza di questa platea di lavoratori professionali. Per costruire un sistema che sia trasparente e concorrenziale puntando sulle competenze, su chi le può validare, chi le può aggregare e chi le può certificare, proprio perché non sono competenze riconoscibili dal mercato attraverso un sistema regolamentato.
Ricordo che la professione non organizzata, a cui si applica la Legge 4, può essere esercitata in forma individuale, associata, societaria, cooperativa e nella forma del lavoro dipendente. Il che significa che conta la professione in quanto tale e non lo strumento giuridico con cui viene esercitata. Inoltre, un altro punto di rilievo riguarda il fatto che i professionisti non organizzati possono costituire associazioni di carattere volontario e non esclusivo nelle quali la professione si esercita a prescindere dall’iscrizione all’associazione.
Associazioni che hanno anche il compito di promuovere la formazione permanente per gli iscritti, di rilasciare le attestazioni relative agli standard qualitativi e di qualificazione professionale del servizio e che partecipano alla redazione della norma tecnica UNI per le attività professionali non regolamentate. I nostri obiettivi, in questo senso, sono stati in buona parte raggiunti perché ci sono attualmente circa 380 associazioni iscritte all’elenco tenuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Per dare ancora maggiore efficacia alla Legge, c’è da valutare, poi, l’effettiva rappresentatività di queste associazioni, oltre che utilizzare con maggiore forza gli strumenti dell’Infrastruttura per la Qualità e quindi la normazione tecnica, l’accreditamento e la valutazione di conformità.
L’autoregolamentazione del professionista ha i suoi cardini nell’attestazione rilasciata dall’associazione di appartenenza e nella certificazione accreditata alla norma UNI per la specifica figura professionale. Quali sono le differenze e i punti di forza di questi due livelli di qualifica?
Questo è un aspetto molto delicato che va compreso bene, anche per non ingannare il mercato e non creare confusione. La norma tecnica UNI per le attività professionali non regolamentate indica i requisiti, le competenze, le modalità di esercizio dell’attività e le modalità di comunicazione verso l’utente. Il singolo professionista, anche se non è iscritto a un’associazione, a seguito di apposita valutazione può avere riconosciuto, rilasciato da un organismo accreditato da Accredia, un certificato di conformità alla norma tecnica UNI per la professione considerata.
Parliamo di requisiti ben definiti che danno certezze ai professionisti nella misura in cui ne vengono riconosciute le competenze. L’attestazione di qualità e di qualificazione dei servizi, rilasciata invece da una associazione, riguarda solo le persone fisiche. È uno strumento attraverso cui si attua quella rappresentanza innovativa di cui ho parlato prima, volta a valorizzare la qualità del servizio reso dal professionista in un sistema di valori condiviso da tutti gli associati a quella determinata associazione.
E, quindi, per distinguere tra attestazione e certificazione di qualità, possiamo rifarci a una circolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che specifica come l’attestato non possa essere assimilato a una certificazione di qualità, né a un accreditamento o a un riconoscimento professionale ma attesta la regolare iscrizione del professionista all’associazione. Sono quindi ben diverse le due forme di qualificazione e direi che sarebbe bene non utilizzare le stesse parole, gli stessi descrittivi per parlare di due fenomeni completamente diversi.
Il mercato delle libere professioni è in costante evoluzione. Quali sono le prospettive di crescita del settore tra figure tipiche e figure emergenti?
All’interno di Confcommercio Professioni ci siamo posti questi interrogativi. Abbiamo anche sviluppato un manifesto delle professioni che fa riferimento a queste nuove sfide e ai cambiamenti del mercato del lavoro. Direi che le nuove tendenze tecnologiche, come robotica, machine learning e intelligenza artificiale, determineranno il nascere di nuove professioni altamente qualificate.
La tecnologia nell’ambito delle professioni può anche potenziare l’attività professionale, incidere sui costi del servizio e sulla qualità del servizio stesso. Può, inoltre, portare maggiore flessibilità di impiego e rafforzare la relazione con il cliente. Occorre, quindi, imparare l’uso di questi nuovi strumenti senza vedersi già vinti dal potere della tecnologia e del digitale. E il compito delle associazioni è proprio quello di accompagnare i professionisti in questi cambiamenti.