ACCREDIA ha avviato una riflessione sulla natura giuridica delle attività di accreditamento e sulla possibile configurazione dei valutatori o del personale coinvolto nel processo di accreditamento quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Un dibattito aperto da tempo e accelerato con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 765 del 2008 che qualifica tale attività come espressione di pubblica autorità, a prescindere dalla formale veste giuridica dei singoli Enti nazionali di accreditamento.
Ma l’analisi sulla natura giuridica delle attività di accreditamento apre alcuni interrogativi, come spiega Emanuele Riva, Direttore del Dipartimento Certificazione e Ispezione di ACCREDIA.
ACCREDIA, in base al proprio Statuto, è un soggetto di diritto privato senza scopo di lucro, che non utilizza denaro pubblico e, in base al Regolamento europeo, svolge un ruolo di Pubblica Autorità nell’interesse generale, operando in Italia sotto la vigilanza del MISE, ma alle stesse condizioni degli Enti di accreditamento esteri nel rispetto del principio del Mutuo Riconoscimento (IAF e EA MLA).
In base all’attuale classificazione ANAC sugli Enti privati interessati alla normativa anticorruzione, ACCREDIA non è un Ente sotto controllo pubblico, ma un Ente partecipato, ed è esonerata dal rispetto degli obblighi previsti dalla normativa anticorruzione per gli Enti controllati dalla Pubblica Amministrazione, benché, su base volontaria, sia tenuto ad applicare una serie di protocolli di legalità.
Le controversie relative ai processi di accreditamento e certificazione sono di competenza del giudice ordinario, poiché riguardano diritti soggettivi e non interessi legittimi.
Infine, anche nel settore regolamentato, l’accreditamento è un presupposto di successivi provvedimenti amministrativi che producono effetti giuridici di diritto pubblico in capo ai loro destinatari.
Proviamo a formularne alcuni. All’interno di ACCREDIA operano persone qualificabili come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio? Il personale ha l’obbligo, almeno in alcuni casi, di riferire ad altre Amministrazioni, comprese le forze dell’ordine in caso di possibili illeciti di cui venga a conoscenza, in merito ai contenuti della propria attività di verifica? E su chi graverebbe questo obbligo?
Il dovere di vigilanza e segnalazione di illeciti riguarderebbe solo fatti commessi direttamente dai soggetti accreditati o anche eventuali comportamenti di soggetti terzi, quali ed esempio le aziende presso le quali si svolgono le verifiche in accompagnamento?
A quali attività del soggetto accreditato va rifierito il dovere di vigilanza sui destinatari dell’attività di accreditamento – e di segnalazione in caso di presunti reati da costoro commessi – dal momento che ACCREDIA non svolge una vigilanza di carattere generale sui soggetti accreditati, ma specifica per certi ambiti?
Se l’accreditamento è un presupposto per eventuali provvedimenti amministrativi, l’iter di accreditamento è un procedimento amministrativo? E l’attuale organizzazione di ACCREDIA è adeguata rispetto a tali problematiche?
Per definire la natura dell’attività di accreditamento e di ACCREDIA, è necessario coglierne la duplicità privatistica/pubblicistica.
Allo stato attuale della normativa, è difficile, se non impossibile, escludere che l’attività di accreditamento sia caratterizzata da un forte profilo pubblicistico, sia nel settore regolamentato che in quello volontario. Ma la natura prevalente è indubbiamente quella privatistica, dove ACCREDIA è giuridicamente un Ente di diritto privato e, stando all’orientamento della giustizia amministrativa, la giurisdizione sulle controversie in materia di accreditamento appartiene al giudice ordinario (riguardando diritti soggettivi e non interessi legittimi).
E’ il forte profilo pubblicistico dell’attività ad aprire tale questione.
La qualifica d’incaricato di pubblico servizio andrebbe limitata alle persone fisiche che ricoprono un ruolo decisionale rispetto al processo di accreditamento in tutte le sue fasi (rilascio, mantenimento, sospensione, revoca) o comunque diretto ad influenzare in modo significativo tali provvedimenti, mentre il ruolo di pubblico ufficiale andrebbe limitato a chi detiene il potere “certificativo” (connesso solo all’attività di accreditamento), cioè l’organo di delibera (Comitati/Sottocomitati di Accreditamento). Gli ispettori o la struttura interna di ACCREDIA infatti si limitano a proporre, ma non prendono decisioni in merito all’accreditamento.
Alla luce delle considerazioni sopra riportate, le conclusioni del ragionamento si possono concentrare in quattro punti, fermo restando che, come premesso, si tratta di un “cantiere aperto”:
L’editoriale “Natura giuridica di ACCREDIA e delle attività di accreditamento” di Emanuele Riva è pubblicato in allegato.