Numerosi i richiami all’accreditamento e alle valutazioni di conformità nei recenti provvedimenti:
Il 22 maggio il Consiglio dell’Unione europea ha dato via libera a quattro direttive che costituiscono un primo pacchetto di misure per realizzare l’economia circolare. Tali direttive, votate in aprile dall’Europarlamento, si occupano di rifiuti, con l’obiettivo di migliorarne la gestione e agevolarne il recupero.
Si tratta dell’ultimo passaggio dell’iter burocratico prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea; da quel momento, trascorsi venti giorni, le nuove norme entreranno in vigore.
Le direttive stabiliscono nuovi target di riciclo per i rifiuti urbani e da imballaggio: per i rifiuti urbani l’obiettivo passa dall’attuale 44% al 55% nel 2025, per poi salire al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. Il 65% dei rifiuti da imballaggio dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030, con obiettivi differenziati per i singoli materiali.
Tra le novità: entro il 2022 si dovranno raccogliere separatamente i rifiuti domestici pericolosi ed entro il 2025 anche quelli tessili.
Il nuovo pacchetto sull’economia circolare introduce limiti anche ai rifiuti urbani smaltiti in discarica che, entro il 2035, non potranno superare il 10% di quelli prodotti. Con le nuove regole, inoltre, si estende la responsabilità dei produttori e si introducono obiettivi per gli sprechi alimentari e per i rifiuti marini, in modo da concorrere al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile scorso è stato pubblicato il Decreto 28 marzo 2018 del Ministero dell’Ambiente, che adotta nuovi Criteri Ambientali Minimi per l’illuminazione pubblica.
Il documento ha il pregio di individuare con precisione le parti dello stesso che devono essere inserite nei bandi di gara, riducendo la possibilità di errori nella loro formulazione. Meno chiari, invece, sono i riferimenti alle norme di certificazione e accreditamento, utilizzati per stabilire i requisiti idonei a garantire la compatibilità ambientale o la competenza ad operare nel rispetto dell’ambiente.
Ad esempio, tra i criteri premianti, si richiede a coloro che realizzano interventi di riqualificazione energetica degli impianti di illuminazione pubblica, la dimostrazione di “capacità organizzativa, diagnostica, progettuale, gestionale, economica e finanziaria almeno pari a quelle previste dalla norma UNI CEI 11352 sulle società che forniscono servizi energetici”, dimenticando che tali requisiti potrebbero essere garantiti da una certificazione rilasciata da un organismo accreditato per lo specifico scopo. Il testo, così come scritto, obbliga infatti la stazione appaltante ad accertare la sussistenza dei requisiti degli operatori economici con propri mezzi.
Anche la richiesta per chi effettua l’analisi energetica di “essere accreditato ai sensi del Regolamento CE 765 del 2008” non individua correttamente la norma di riferimento, né lo scopo dell’accreditamento, visto che le norme più adatte a garantire la competenza di chi svolge le analisi sopra richiamate sono quelle per la certificazione delle competenze delle persone verificate semmai da organismi accreditati.
L’obbligatorietà dei CAM, peraltro, comporta l’esclusione dalla gara dell’operatore economico che non li rispetti (in tal senso anche una recente sentenza del TAR Toscana n. 645 del 14/5/2018): con la stessa logica, tuttavia, un adempimento meramente formale, in mancanza di indicazioni corrette da parte della stazione appaltante, derivate da CAM generici o imprecisi, può determinare l’assegnazione della gara a soggetti che non abbiano requisiti per garantire effettivamente la sostenibilità ambientale del proprio servizio.