L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta a settembre 2015 dai 193 paesi membri dell’ONU, fissa 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) articolati in 169 target o traguardi. Con la dott.ssa Lorenza Jachia dell’UNECE, la Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Europa, facciamo il punto sulla situazione dell’Italia e sul ruolo della certificazione accreditata nella realizzazione degli obiettivi per un futuro sostenibile.
A che punto è l’Italia nel raggiungimento dei 17 obiettivi fissati per il 2030?
L’Italia è 27esima su 29 economie avanzate per l’Inclusive Development Index (IDI) del World Economic Forum. Sulla base dei 128 indicatori disponibili, che coprono 96 dei 169 target, per ora l’Italia ha raggiunto solo 11 obiettivi. Il rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS) del 2018 dà atto di una situazione preoccupante, e anche in peggioramento, in alcune aree chiave come la povertà, le diseguaglianze sociali, l’occupazione, la protezione ambientale del sistema terrestre. Il rapporto intravede però un elemento di speranza nella straordinaria sensibilità della società italiana al tema della sostenibilità. E la certificazione accreditata può assumere un ruolo di primo piano.
In che modo la certificazione accreditata può fare la differenza?
Standardizzazione e valutazione della conformità rappresentano dei pilastri per le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, ambientale e sociale. Gli esempi concreti non mancano. In ambito economico, secondo uno studio recente il 28% della crescita del PIL delle economie nordiche, registrato tra il 1976 e il 2016, è associato alla standardizzazione. Nel campo ambientale, la certificazione ai sensi delle norme della serie ISO 14000 permette alle aziende di misurare e limitare il loro impatto sull’ambiente, monitorando e riducendo le emissioni di gas a effetto serra. Nel campo sociale, la nuova prassi di riferimento UNI 42:2018, elaborata in collaborazione con Accredia, stabilisce criteri per un sistema di gestione di prevenzione e contrasto al bullismo.
L’UNECE promuove la standardizzazione e la Quality Infrastructure (QI). Cosa vi ha spinto a puntare su questi strumenti, e in che modo sono di supporto nel conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030?
L’UNECE porta avanti un ambizioso progetto di sensibilizzazione del mondo della normazione al tema dello sviluppo sostenibile, e delle autorità nazionali e locali al valore degli standard per la sostenibilità. Mantenendo alti i parametri di salute, ambientali e sociali, la standardizzazione della produzione determina una riduzione delle barriere al commercio e contribuisce a facilitare l’integrazione dei Paesi in via di sviluppo nelle Global Value Chains (GVCs). Si genera così un ciclo virtuoso che va oltre la dimensione economica, per avere un impatto benefico anche su dinamiche ambientali e sociali.
La piena realizzazione del potenziale degli standard passa attraverso una Quality Infrastructure che poggia, oltreché sulla standardizzazione stessa, sulla sorveglianza dei mercati, la metrologia, la valutazione della conformità e l’accreditamento. Questi elementi cardine contribuiscono a costruire una rete di strumenti cross-settoriali, fondamentali per garantire la protezione del pianeta, la dignità sociale e una crescita economica inclusiva, promuovendo l’innovazione e la competitività, nel quadro più ampio degli obiettivi dell’Agenda 2030.
L’UNECE ha deciso di puntare sulla QI e sulla standardizzazione proprio in virtù del loro carattere multisettoriale e del loro impatto benefico su molti dei 17 obiettivi. Per promuovere questi strumenti abbiamo raccolto in un libro 26 casi, presi da tutto il mondo, di applicazione degli standard per lo sviluppo sostenibile, e stiamo sviluppando un database che aiuterà le Autorità ad identificare gli standard da applicare in relazione a target e obiettivi specifici. Ad oggi abbiamo individuato oltre 1600 standard, sviluppati da 16 organismi internazionali.
L’UNECE fa parte del network Quality Infrastructure (QI) insieme, tra gli altri, a ISO, IAF e ILAC. Quale opportunità offre questa collaborazione, sempre in funzione degli obiettivi dell’Agenda 2030?
La ratio del network è la volontà di rafforzare la cooperazione di dodici organizzazioni internazionali al fine di promuovere il valore e la comprensione dello strumento della Quality Infrastructure, e guidarne l’effettiva applicazione su scala globale. Negli ultimi anni il network QI ha collaborato alla realizzazione di corsi di formazione, alla produzione di linee guida e alla pubblicazione di documenti. Nel 2018 ha riaffermato e ampliato il proprio impegno riconoscendo la necessità di promuovere il valore della QI non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli più avanzati. Inoltre di recente il network si è allargato, con l’ingresso dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e della Banca Mondiale.
Oltreché contribuire al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, standardizzazione e certificazione accreditata portano vantaggi concreti alle imprese e ai singoli Paesi? Quali?
L’implementazione di standard internazionali e la certificazione accreditata generano per le imprese, e di conseguenza per i Paesi in cui esse operano, tre vantaggi principali: riduzione di costi, incremento della produttività, accesso a nuovi mercati ed opportunità. La minimizzazione degli errori e i maggiori livelli di efficienza che questi strumenti rendono possibili assicurano la riduzione dei costi e l’incremento della produttività in diversi ambiti, dalla produzione alla vendita, passando per la ricerca e lo sviluppo e l’impatto ambientale.
Inoltre, operando sulla base del riconoscimento reciproco di accordi internazionali, la certificazione accreditata riduce le barriere tecniche al commercio e i costi di transizione. Un’impresa accreditata gode dell’accesso a nuovi mercati, di vantaggi in termini di competitività internazionale e di marketing dei propri prodotti, grazie alle maggiori garanzie che questi offrono ai consumatori in termini di qualità e sicurezza.
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