Negli ultimi trent’anni il commercio internazionale ha registrato una crescita eccezionale, ma insieme alla liberalizzazione sono cresciuti i timori dei consumatori in merito alla sicurezza dei prodotti, e si sono delineate nuove condizioni di competitività. Le attuali politiche di regolamentazione incoraggiano lo sviluppo di Infrastrutture nazionali della Qualità (IQ) che si avvalgono della certificazione accreditata, e promuovono l’armonizzazione degli standard a livello internazionale per sostenere le imprese e offrire maggiori garanzie ai consumatori. Ne parliamo con Lucia Tajoli, Professore ordinario di Politica Economica del Politecnico di Milano, che, insieme al Professor Luca Salvatici, docente di Politica Economica dell’Università Roma Tre, ha curato il nuovo studio dell’Osservatorio Accredia.
Le politiche di regolamentazione del mercato prevedono misure non tariffarie e barriere non tariffarie. Qual è la differenza?
Per misure non tariffarie si intendono, in generale, tutte le norme politiche e regolamentari, diverse dai dazi, che intervengono sugli scambi commerciali. Le barriere in senso stretto sono misure di protezione che limitano e rendono più difficile l’accesso a un determinato mercato: restrizioni quantitative, come le quote di importazione, o qualitative, come gli embarghi, le licenze, le barriere tecniche o di standard. I due termini comunque sono spesso usati in modo intercambiabile.
Quali sono i settori più soggetti a misure non tariffarie nel mondo e in Europa in particolare?
In Europa sicuramente l’agroalimentare, perché molte misure sono state introdotte per tutelare la salute dei consumatori. Quindi il chimico, il tessile, e, a salvaguardia della sicurezza dei lavoratori, quello dei macchinari industriali e delle apparecchiature elettroniche. In linea generale, in tutti i sistemi economici avanzati i prodotti manifatturieri hanno un’elevata copertura di misure non tariffarie, mentre materiali come i minerali, i carburanti, il cemento, ne hanno relativamente poca perché non destinati direttamente ai consumatori.
Negli Stati Uniti c’è una copertura diffusa, simile a quella dell’Unione europea, ma anche il mercato cinese è soggetto a diverse misure non tariffarie. In altri paesi emergenti o in via di sviluppo le regolamentazioni sono meno stringenti, ma non abbiamo dati attendibili.
Cosa si intende per Infrastruttura della Qualità, e in che modo facilita l’integrazione dei mercati internazionali?
L’Infrastruttura della Qualità (IQ) è un sistema volto a garantire che le imprese di prodotti manifatturieri rispettino determinati standard. Copre diversi ambiti, dalla regolamentazione in senso stretto alle buone pratiche, alle istituzioni che verificano il rispetto di tali norme. Ogni paese sviluppa una propria IQ legata alla realtà locale, sulla base delle abitudini di consumo e di consuetudini storiche neanche formalmente regolamentate.
A livello europeo il Mercato Unico ha imposto una forte standardizzazione dei sistemi di IQ, basati su metrologia, normazione e accreditamento delle valutazioni della conformità, per raggiungere un’omogeneità che consenta ai beni di circolare liberamente. Anche a livello internazionale esistono delle istituzioni, una per tutte ISO (International Organization for Standardization), che garantiscono l’applicazione di standard di qualità condivisi per i beni di consumo. I consumatori oggi richiedono sempre maggiori garanzie sui prodotti sul mercato, soprattutto se provenienti dall’estero.
L’IQ aumenta l’informazione e la trasparenza, e rappresenta un fattore chiave di rassicurazione e di incentivo all’acquisto. Inoltre la standardizzazione facilita le transazioni economiche e gli scambi, semplifica i controlli e i passaggi doganali. Grazie all’armonizzazione è più facile anche utilizzare nei processi produttivi semilavorati e componenti ad un grado intermedio di lavorazione (barre di acciaio, tessuti o prodotti chimici), così come macchinari, provenienti da altri paesi.
Quali sono i vantaggi dell’IQ per le imprese?
Le imprese che possono contare su un’Infrastruttura nazionale della Qualità che poggia su certificazioni, ispezioni, prove e tarature accreditate, possono accedere a mercati altrimenti preclusi, anche grazie alla maggiore fiducia di cui può godere presso i consumatori. Esiste una lunga letteratura economica che mostra come soprattutto chi produce beni di qualità elevata tragga vantaggio da un sistema che offre maggiori garanzie e informazione sui propri prodotti.
Come si inserisce in questo contesto l’accreditamento?
L’accreditamento ha un ruolo di grande impatto, in varie forme e a molti livelli. Per alcune tipologie di prodotti e alcuni mercati, la certificazione accreditata è un requisito necessario. Nel settore dell’abbigliamento, per esempio, alcuni prodotti non possono essere venduti in assenza di determinate certificazioni sulle caratteristiche tecniche dei tessuti. La certificazione accreditata si inserisce anche nel processo produttivo. Molte fasi della produzione oggi avvengono in paesi diversi, creando quelle che vengono definite “catene globali di produzione” o “catene globali del valore”.
Se un’impresa fa produrre una fase del proprio prodotto all’estero, per poter vendere il prodotto finale deve garantire che tutto il processo produttivo è avvenuto rispettando determinati standard, per esempio di tipo ambientale. Un’impresa estera può diventare partner o fornitore solo se in possesso delle certificazioni richieste.
L’UE sviluppa una policy di apertura ai mercati internazionali attraverso gli Accordi di libero scambio siglati, ad esempio, con Canada e Corea del Sud. In tali Accordi è fortemente presente il riferimento all’IQ. Quali vantaggi ne derivano?
Questi accordi – l’Unione europea ne ha siglato di recente uno anche con il Giappone – sono importanti perché per la prima volta introducono esplicitamente il riferimento alle misure non tariffarie. Prima gli accordi si limitavano all’abolizione di dazi e tariffe. Adesso i dazi sono mediamente bassi e non rappresentano un ostacolo reale alla circolazione delle merci, di conseguenza gli accordi si concentrano sull’omogeneizzazione di requisiti qualitativi quali, ad esempio, nel caso delle automobili, il rispetto della soglia consentita di emissioni di gas (Euro 5, Euro 6).
E’ interessante il caso della Corea del Sud, produttore importante di automobili. L’accordo con l’Unione europea definisce gli standard, rispettati i quali le automobili coreane entrano liberamente in Europa, e viceversa. Il trattato, siglato nel 2011, ha portato un notevole aumento degli scambi, con un incremento maggiore dell’export rispetto all’import.