L’Osservatorio Accredia è il progetto di comunicazione dedicato agli approfondimenti economici del settore della valutazione della conformità che, di volta in volta, si sofferma su specifici temi connessi alle attività di accreditamento e al ruolo dell’Infrastruttura per la Qualità nel sistema Paese. Lo studio del 2020 “Accreditamento e certificazioni. Valore economico e benefici sociali”, realizzato con Prometeia, ha coinvolto per oltre un anno anche le Associazioni degli organismi e dei laboratori accreditati, che hanno fornito dati, bilanci e documenti.
Il primo studio sul valore economico generato dalla IQ
Le analisi, ampie e approfondite, hanno permesso di calcolare una stima monetaria degli effetti benefici per imprese e consumatori dell’Infrastruttura per la Qualità (IQ), ovvero l’insieme di regole e istituzioni necessarie a garantire:
Le componenti che definiscono l’IQ sono le attività di metrologia, normazione, accreditamento e valutazione della conformità, che hanno il ruolo di sostenere il funzionamento dei mercati misurando e dimostrando l’affidabilità delle controparti e delle informazioni sui prodotti e servizi disponibili. L’IQ assume dunque un ruolo centrale per le imprese produttive e dei servizi, promuovendone l’efficienza e dimostrandosi una condizione necessaria alla crescita, soprattutto in economie mature come la nostra.
In particolare, le norme tecniche aiutano le imprese a incrementare la qualità dei propri prodotti, favorendone l’omogeneizzazione e dunque, attraverso la loro interoperabilità, l’efficienza dei processi produttivi. L’effettiva adesione agli standard definiti, ovvero la corretta rispondenza ai requisiti attesi di prodotti e servizi, è segnalata al mercato dalle valutazioni di conformità (certificazioni, ispezioni, prove e tarature) e l’accreditamento dei soggetti che le eseguono ne dimostra, a livello internazionale, la competenza tecnica, l’indipendenza e l’imparzialità.
È nel 2000 che escono le prime stime dei benefici micro e macroeconomici della standardizzazione nello studio dell’Istituto Tedesco per la Standardizzazione (DIN), che valuta e misura l’impatto degli standard sullo stimolo all’innovazione e sulla competitività delle imprese, a livello nazionale, ma soprattutto internazionale, attraverso la promozione del commercio. Successivamente sono stati condotti diversi studi internazionali sullo stesso argomento, ma con la ricerca dell’Osservatorio “Accreditamento e certificazioni. Valore economico e benefici sociali” è stato stimato, per la prima volta in Italia, l’impatto economico di tutta l’Infrastruttura per la Qualità. Nello specifico è stato approfondito il contributo che la valutazione della conformità accreditata ha nei rapporti tra le controparti acquirente e venditore.
Le analisi dell’Osservatorio sono partite dallo studio dell’effetto dello stock di standard a disposizione nel mercato sulla produttività delle imprese e, in particolare, sulla competitività internazionale. Il primo studio empirico su questo tema è attribuibile a Swann et al (1996), a cui sono seguiti molti altri che hanno mostrato come l’armonizzazione delle norme tecniche riduca i costi di transazione attraverso la riduzione delle asimmetrie informative e agendo come mezzi di comunicazione globali tra partner commerciali internazionali.
Il capitale intangibile TIC come misura del valore
Per stimate l’effetto di tutti gli elementi che compongono l’Infrastruttura per la Qualità è stato introdotto un elemento nuovo per tenere conto del sistema delle valutazioni di conformità accreditate e, più in generale, dei servizi a esso collegati. Si è infatti proceduto a costruire una misura di capitale intangibile che rappresenta il valore dello stock di qualità/conoscenza/tecnologia presente nell’economia riconducibile alle attività di certificazione, ispezione, prova e taratura e che ne riflette l’effettiva diffusione a livello settoriale.
Questo stock intangibile accumulato nel tempo, chiamato capitale TIC (Testing, Inspection, Certification), comprende tutte le attività di valutazione della conformità, siano esse accreditate o meno. Tale approccio deriva dal riconoscere le spese sostenute dal sistema economico per certificazioni, prove, tarature, non come spese intermedie, ma come investimenti effettivi al pari della spesa in capitale umano, in brevetti, software e tutte le altre forme di spesa intangibile che sostengono la crescita economica. Questa impostazione è in linea con un recente filone di ricerca economica che ha evidenziato il ruolo sempre più rilevante del capitale immateriale nei processi di crescita.
Gli investimenti in capitale TIC hanno contribuito anno per anno all’accumulazione di un capitale immateriale complessivo nell’economia che, al pari delle altre forme di capitale materiale, è soggetto a deprezzamento. Attraverso opportune tecniche econometriche è stata ricostruita una valutazione di tale stock a partire dalle spese relative, accreditate e non, del mondo TIC rilevate attraverso l’elaborazione delle Banche Dati Accredia e dei bilanci societari di organismi e laboratori.
La dinamica dei fattori produttivi presi in esame nella costruzione del modello econometrico per il settore manifatturiero evidenzia che il capitale TIC e il capitale in ricerca e sviluppo sono i fattori che hanno registrato le migliori dinamiche nel periodo considerato, mostrando anche una risposta relativamente migliore alla fase recessiva del 2009.
La fonte principale dei dati del modello è stata il database EU KLEMS che fornisce statistiche su crescita economica, produttività, occupazione, formazione del capitale e progresso tecnico a livello settoriale. L’utilizzo di queste informazioni congiunte ha consentito di tenere conto contemporaneamente delle diverse fonti che possono contribuire alla crescita economica. Oltre ai tradizionali fattori di produzione, lavoro e capitale, l’inclusione del capitale ICT ha consentito di considerare il progresso riconducibile alle nuove tecnologie informatiche e di comunicazione, mentre il capitale in ricerca e sviluppo di includere gli effetti della ricerca sul progresso tecnico. L’aggiunta di tali fattori nella stima ha reso più probabile che il contributo determinato per il capitale TIC fosse effettivamente ad esso imputabile.
L’apporto del capitale TIC all’incremento del PIL
Complessivamente, dalle analisi econometriche condotte in questo studio è emerso un ruolo rilevante del capitale TIC nel condizionare positivamente la performance del sistema economico italiano. È un contributo che non si esaurisce alle imprese che acquisiscono direttamente i servizi TIC ma che si diffonde a interi settori: il modello ha mostrato che i benefici sono incrementali, ovvero che i guadagni delle imprese che investono in TIC non sono sostituti di quelli di altri operatori che invece non impiegano le stesse risorse. Sono molti i possibili canali per cui si possono manifestare questi effetti: fra i tanti citati, si pensi alla possibilità di accedere o meno ai mercati internazionali e alle opportunità di ricavo che non si manifesterebbero in assenza di opportune certificazioni riconosciute a livello internazionale. Gli investimenti in TIC hanno anche l’effetto di incrementare la produttività degli altri fattori; a parità di impiego di questi, le stime hanno mostrato che si produce di più oppure che si offrono beni e servizi di maggiore qualità.
Le stime sono state condotte per i tre macro-aggregati manifattura, servizi e costruzioni e hanno confermato il ruolo rilevante del capitale TIC nella creazione di valore aggiunto. In termini percentuali, nel periodo 2013-2018 il 18,3% della crescita del valore aggiunto del settore manifatturiero può essere attribuita al capitale TIC. Un contributo solo leggermente inferiore è stato osservato per il settore dei servizi (16,4%), mentre meno incisivo, ma comunque positivo, è il risultato relativo alle costruzioni. Per il totale economia, l’apporto del capitale TIC alla crescita del valore aggiunto è pari al 16,1% in 5 anni.
Successivamente è stato quantificato il valore monetario corrispondente a tali contributi percentuali alla crescita nel quinquennio analizzato: complessivamente il capitale TIC ha generato negli anni 2013-2018 un valore pari a 10,8 miliardi di euro. Si tratta di un contributo alla crescita che varia ovviamente in base alle performance dell’economia: il valore di picco nel periodo in esame si è osservato nel 2017 con un contributo del capitale TIC pari a 3,1 miliardi. L’apporto medio annuo è stato pari a 2,2 miliardi di euro. Sulla base delle informazioni disponibili sul fatturato relativo alle componenti accreditate del capitale TIC è stato possibile inoltre ricavare un dato su quanto del guadagno del valore aggiunto nei cinque anni (i 10,8 miliardi) è riconducibile alle sole valutazioni della conformità accreditate: circa 9 miliardi di euro.
Analizzando i valori di contributo alla crescita nel periodo 2013-2018 del capitale TIC per ciascuno dei settori analizzati, si osserva nel settore dei servizi un dato prossimo ai 6 miliardi di euro a fronte dei 5 miliardi per il manifatturiero e al dato meno incisivo delle costruzioni (110 milioni di euro). Il valore rilevato per i servizi è risultato più elevato rispetto al manifatturiero, pur in presenza di un contributo percentuale leggermente inferiore, grazie al maggior dinamismo del valore aggiunto settoriale nel periodo considerato.
Gli effetti positivi sull’economia stimati dal modello dimostrano come l’Infrastruttura per la Qualità ricopra un ruolo decisivo nel condizionare le traiettorie di crescita. L’IQ rappresenta una leva di sviluppo sulla quale investire per garantire al Paese una ripresa strutturale e solida nel lungo periodo.