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La lunga e tortuosa via della semplificazione in materia di contratti pubblici

Notizia
21 settembre 2020

L’ultimo provvedimento per la semplificazione non semplifica 15 anni di interventi legislativi in materia. La riflessione di Paola Conio, consulente di Accredia e senior partner dello Studio Legale Leone.

Il DL 76/2020, c.d. “Decreto Semplificazioni”, è stato recentemente convertito in legge, L. 120/2020 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. Non si tratta del primo provvedimento dichiaratamente finalizzato alla “semplificazione” che incide anche sulla materia dei contratti pubblici. In questo senso si ricorderanno, ad esempio, il DL 135/2018 “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” e il DL 5/2012 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” che introduceva modifiche all’allora vigente D.Lgs. 163/2006.

Anche la legge delega (L. 11/2016) che ha condotto all’adozione del nuovo Codice Contratti, il D.Lgs. 50/2016, vedeva nella semplificazione una delle parole chiave che avrebbero dovuto ispirare il provvedimento delegato; così come la semplificazione delle procedure di affidamento, in particolare quelle sotto-soglia, costituiva uno dei principi e criteri della delega conferita al Governo (L.  62/2005, art. 25) per l’adozione del previgente codice, approvato con D.Lgs. 163/2006.

Sebbene – indipendentemente dalle maggioranze parlamentari e dai governi che si sono succeduti – la nostra legislazione in materia di contratti pubblici insegua da quasi 15 anni la chimera della semplificazione, evidentemente non ha ancora trovato la strada giusta per raggiungerla.

 


Deroga uguale semplificazione?


Analizzando, in particolare, gli ultimi interventi normativi realizzati attraverso lo strumento del decreto legge, ivi incluso il recente DL 76/2020, sembrerebbe potersi concludere che, nel nostro Paese, la semplificazione venga intesa in particolare come deroga – per sua natura necessariamente temporanea o, comunque, legata a contingenze eccezionali – alle disposizioni vigenti.

Tuttavia, a sommesso avviso di chi scrive, l’equivalenza deroga = semplificazione è assai pericolosa.

Come si è detto, la deroga non può costituire una risposta strutturale all’esigenza di semplificazione avvertita nella materia dei contratti pubblici, visto che si tratta comunque di una soluzione solo temporanea o eccezionale. La deroga presuppone pur sempre la perdurante esistenza di una norma, di una regola, da applicare nella generalità dei casi.

Conseguentemente, la deroga può essere soltanto una risposta eccezionale e contingente, che non ha però alcun impatto in termini di evoluzione del sistema normativo.

 


Deregolamentazione uguale semplificazione?


Un’altra equivalenza potenzialmente pericolosa è deregolamentazione = semplificazione.

Se è vero che l’eliminazione di inutili sovrastrutture dal quadro normativo costituisca una semplificazione, non è altrettanto vero che l’eliminazione di regole costituisca di per sé un vantaggio per l’operatività del sistema.

Ciò vale, in particolare, quando le regole sono poste a presidio di valori importanti quali, ad esempio, la qualità o la sicurezza. In questo caso, probabilmente abbassare l’asticella non è una semplificazione auspicabile. Si pensi, ad esempio, in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici, alla riduzione (se non eliminazione) dell’ambito di applicazione della certificazione accreditata obbligatoria dei sistemi di qualità aziendale, che a quanto pare sarà contenuta nell’emanando Regolamento attuativo del Codice contratti.

 


La conversione in legge del c.d. Decreto Semplificazioni


Non è questa la sede per affrontare un’approfondita disamina di tutte le norme in materia di contratti pubblici incise dalla legge di conversione del DL 76/2020 e, quindi, ci si limiterà ad alcuni esempi in cui l’utilizzo dello strumento della deroga non sembra sortire l’auspicato effetto semplificatorio.

Il comma 4 dell’art. 2 prevede, per gli appalti sopra soglia, una deroga generalizzata di “ogni disposizione di legge diversa da quella penale” per gli appalti legati all’emergenza Covid, “nonché  nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017 – 2021 e relativi aggiornamenti, nonché gli interventi funzionali alla realizzazione della transizione energetica, e per i contratti relativi o collegati ad essi”, cui la legge di conversione ha aggiunto anche la riqualificazione degli edifici pubblici sedi di attività istituzionali, estendendo anche in questo caso sino al 31 dicembre 2021 il periodo di applicazione. Lo stesso comma, per i predetti appalti, fa altresì salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché “dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto”.

La portata della deroga non appare chiara, sotto due diversi profili.

Da un lato, sarà comunque il RUP a dover interpretare quali siano “i vincoli inderogabili” ai quali è soggetto; vincoli che saranno presumibilmente diversi per i settori ordinari e per quelli speciali.  Si suppone che debbano essere applicate le norme a recepimento obbligatorio della Direttiva 2014/24/UE per i settori ordinari e della Direttiva 2014/25/UE per quelli speciali. Tutto ciò sempre che si interpreti come “vincolo inderogabile derivante dall’appartenenza all’Unione europea” l’applicazione delle norme a recepimento obbligatorio delle predette direttive. Considerando che il mancato o inesatto recepimento delle predette disposizioni espone lo Stato membro alla procedura di infrazione, dovrebbe concludersi che si tratti in effetti di vincoli inderogabili.

Ulteriore problema sull’ampiezza della deroga si pone per le altre norme contenute in articoli diversi dello stesso Decreto Semplificazioni. Stando al tenore letterale della disposizione in commento, sembrerebbe doversi concludere che neppure le norme contenute nel medesimo DL 76/2020, disciplinanti a vario titolo l’affidamento e/o l’esecuzione dei contratti pubblici, trovino applicazione nei casi previsti dall’art. 2 comma 4 citato, ancorché, trattandosi di disposizioni ritenute dagli estensori del provvedimento “semplificatorie” e “acceleratorie” degli appalti pubblici, risulti incoerente dal punto di vista sistematico ritenere che le stesse vadano disapplicate proprio per quegli appalti considerati maggiormente strategici per il rilancio del Paese.

In ogni caso non è scontato, anche ove si abbracci l’ipotesi dell’interpretazione letterale, se le disposizioni del Decreto Semplificazioni che, ad esempio, dettano norme relative alla costituzione del Collegio tecnico, siano da considerarsi disposizioni in senso stretto pertinenti alla “esecuzione” dei lavori e, quindi, come tali derogate, o piuttosto debbano ritenersi disposizioni di carattere organizzativo o latu sensu di prevenzione del contenzioso e, quindi, non derogabili.

Oltre alle disposizioni sopra richiamate, ve ne sono molte altre che meriterebbero una trattazione ampia che, per ragioni di spazio, non può essere fatta in questa sede. Se ne citeranno, quindi, solo alcune senza alcuna pretesa di esaustività.

Come si ricorderà, il Decreto Semplificazioni ha previsto l’applicazione transitoria – fino al 31 dicembre 2021, secondo la legge di conversione – di disposizioni semplificatorie in materia di verifiche antimafia, tra cui “il rilascio” di una liberatoria provvisoria che consente di stipulare subito il contratto, salvo verifiche ulteriori. Senonché la formulazione letterale della disposizione induce alcuni dubbi sulle modalità pratiche con le quali le stazioni appaltanti possono procedere.

Innanzitutto, la norma fa riferimento alla “informativa liberatoria provvisoria” anziché alla “comunicazione e/o informativa”, o meglio ancora “documentazione” che comprende sia la comunicazione che l’informativa, secondo la terminologia del Codice antimafia. Il che potrebbe far sorgere il dubbio che la semplificazione sia limitata alla sola “informativa antimafia” e non anche alla “comunicazione antimafia”. Se così fosse, tuttavia, si produrrebbe una paradossale inversione del rapporto tra importanza dell’affidamento e rigorosità dell’accertamento antimafia che non sembrerebbe trovare alcuna logica giustificazione.

Inoltre, la disposizione fa espressamente riferimento al “rilascio” della liberatoria provvisoria, che autorizza alla sottoscrizione del contratto. Il termine “rilascio” – che è lo stesso utilizzato dal Codice antimafia – sembra comunque fare riferimento a un documento di cui la stazione appaltante è destinataria. Diversamente, si sarebbe potuto semplicemente prevedere che le stazioni appaltanti fossero autorizzate alla stipula dei contratti sotto condizione risolutiva non appena espletata la consultazione della banca dati nazionale antimafia e senza attendere il rilascio di nessun documento.

Si osserva anche che il comma 2 dell’art. 3 fa riferimento alla consultazione delle ulteriori banche dati di cui al comma 3, il quale a sua volta menziona l’interrogazione “di tutte le altre banche dati disponibili” senza chiarire né di quali banche dati si tratti né disponibili per chi.

Perplesse sono anche le considerazioni dell’ANAC sul DL 76/2020, laddove l’Autorità, sul punto specifico, afferma: “Con riferimento alle semplificazioni introdotte in merito alle verifiche antimafia l’Autorità valuta con interesse la scelta del legislatore di prevedere una clausola di salvaguardia che consente di effettuare gli accertamenti non solo mediante consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia ma anche mediante acquisizione delle informazioni presenti sulle ulteriori banche dati disponibili. Tuttavia la norma non chiarisce le modalità di acquisizione di tali informazioni. Peraltro, l’Autorità segnala che l’informativa liberatoria provvisoria non è acquisibile attraverso AVCPass e non sono disponibili servizi di interoperabilità che ne consentano l’acquisizione automatica da parte delle stazioni appaltanti attraverso AVCPass. Si suggerisce, al fine di garantire l’effettività e la tempestività dei controlli, di rivedere l’attuale formulazione” (vedasi “Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione”).

In concreto, quindi, non è semplice comprendere come le stazioni appaltanti debbano procedere.

 


Cosa servirebbe per la semplificazione


Un serio e strutturale percorso di semplificazione della materia dei contratti pubblici dovrebbe, a sommesso avviso di chi scrive, innanzitutto puntare sulla stabilità del quadro normativo, sul sistema di qualificazione e professionalizzazione delle stazioni appaltanti che, pur se previsto da quattro anni, non ha ancora visto la luce, sull’utilizzo accorto delle valutazioni di conformità accreditate.