Il panorama dei rischi globali è in continuo cambiamento ma, nel lungo termine, la questione ambientale sembra essere la maggiore preoccupazione. L’ultimo Global Risks Report 2023 esplora alcuni dei rischi più gravi che potremmo affrontare nel prossimo decennio. Se da un lato emergono nuovi scenari di bassa crescita, scarsa cooperazione internazionale ed instabilità geopolitica, l’emergenza climatica, lo sviluppo sostenibile e la resilienza futura rischiano di essere lasciate indietro.
Rischi climatici e riscaldamento globale
I rischi climatici e ambientali sono tra i principali pericoli del prossimo decennio ma anche quelli in cui siamo meno preparati. La mancanza di progressi decisivi e di un coordinamento tra Paesi sugli obiettivi di azione climatica, evidenziano una profonda distanza tra quello che sarebbe necessario e quello che è politicamente fattibile. Le crescenti richieste di risorse al settore pubblico e privato derivanti da altre emergenze, hanno ridotto e ridurranno la velocità e l’ampiezza degli sforzi di mitigazione dell’impatto antropico sul clima nei prossimi anni.
Poiché le crisi attuali distolgono risorse dai rischi percepiti più a lungo termine, come la crisi climatica, i carichi sugli ecosistemi naturali non potranno che crescere nel breve periodo. Senza significativi cambiamenti politici e opportuni investimenti, l’interazione tra gli impatti del cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la sicurezza alimentare e il consumo di risorse naturali, accelererà il collasso degli ecosistemi, amplificando gli impatti dei disastri naturali e condizionando il sentiero di contenimento delle emissioni di CO2.
Il dibattito sul cambiamento climatico è compreso nell’intervallo delle possibili traiettorie di innalzamento della temperatura globale e le relative conseguenze per gli ecosistemi. Purtroppo, ad oggi, si prevede che la soglia di 1,5°C sopra le temperature preindustriali, definita nell’Accordo di Parigi del 2015, verrà superata entro la metà del prossimo decennio. Le traiettorie del riscaldamento globale possono ancora essere influenzate dalla velocità del processo di decarbonizzazione e dalle politiche dei Governi, ma la stessa degradazione dei sistemi ambientali potrebbe accelerare tali traiettorie, fino al punto in cui il riscaldamento globale diverrà un processo alimentato “naturalmente”.
Politiche europee per l’ambiente
Mentre a livello globale risulta evidente una mancanza di coordinamento, dovuta principalmente ad interessi economici contrastanti tra Paesi avanzati ed in via di sviluppo, a livello europeo le politiche per l’ambiente sono guidate da un programma condiviso e rigoroso.
Con il Green Deal, lanciato nel 2019, l’UE ha fissato un obiettivo chiaro, la neutralità climatica entro il 2050. Ovviamente questo obiettivo comprende diverse iniziative come, ad esempio, la riduzione delle emissioni, l’investimento in tecnologie verdi, la promozione di un’economia circolare e la salvaguardia della biodiversità.
Come detto le emergenze attuali drenano risorse pubbliche e private allontanando il raggiungimento dell’obiettivo al 2050. E allora è importante fissare anche obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni di gas serra, come ad esempio, una diminuzione del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (Fit for 55).
Oltre le politiche economiche, rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi stabiliti, saranno decisive in questi anni le politiche industriali volte alla promozione dell’innovazione tecnologica e organizzativa delle imprese. In generale, diverse analisi hanno mostrato che adottare modelli di business orientati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica costituisce un elemento di competitività e consente di diminuire le conseguenze per rischi futuri ambientali e sociali.
Gli investimenti innovativi sono un fattore importante per accelerare la crescita economica e producono persistenti effetti positivi sulla performance economica e sulla produttività delle imprese e gli incentivi per l’innovazione rappresentano uno dei punti cardine della politica industriale a sostegno delle imprese degli ultimi anni. Ciò trova riscontro nel PNRR, in particolare nella componente che riguarda l’innovazione e la digitalizzazione delle imprese (pacchetto “transizione 4.0”).
Certificazione accreditata per l’innovazione e la sostenibilità
Gli incentivi pubblici hanno subito nel corso del tempo numerose e sostanziali modifiche. Negli anni più recenti il sostegno alla ricerca e all’innovazione si è orientato verso incentivi automatici come il credito d’imposta che, a differenza di altri sussidi statali concessi a valle di istruttorie da parte della Pubblica Amministrazione, può essere riconosciuto e fruito dal beneficiario anche “in via automatica” al verificarsi di un determinato presupposto (ad esempio, la realizzazione di specifici investimenti).
In questo caso le valutazioni di conformità accreditate hanno dimostrato di essere elementi di trasparenza ed efficacia del programma Transizione 4.0, garantendo i requisiti oggettivi degli investimenti rientranti nel meccanismo incentivante del credito di imposta previsto. A oggi sono dieci gli organismi accreditati da Accredia per svolgere tali valutazioni di conformità, a fronte di un accreditamento come organismi di ispezione a norma ISO/IEC 17020 o come organismi di certificazione di prodotti o servizi a norma ISO/IEC 17065.
La transizione ecologica richiede non solo l’adozione di nuove tecnologie, ma anche di innovativi modelli di business in grado di garantire, da un lato una riduzione dell’impatto ambientale e sociale, dall’altro adeguati livelli di ritorno dell’investimento.
Istat (“Pratiche sostenibili delle imprese nel 2022 e le prospettive 2023-2025”) stima che, nel 2022, il 59,5% delle imprese manifatturiere abbia intrapreso azioni di sostenibilità. Tra queste, il 50,3% ha adottato azioni di tutela ambientale, il 44,6% di sostenibilità sociale e il 36,8% di sostenibilità economica. Un elemento di grande attenzione è stata la gestione energetica e non è sorprendente che le iniziative più intraprese siano state l’aumento di utilizzo di energia da fonti rinnovabili e l’aumento dell’efficienza energetica.
Le imprese manifatturiere che hanno svolto azioni di sostenibilità nel 2022, hanno adottato un sistema di gestione certificato per gli standard ISO 9001 e ISO 45001. In particolare, oltre il 40% delle aziende ha utilizzato un sistema di gestione per la qualità e circa il 20% uno per la salute e sicurezza del lavoro.
Tale diffusione degli strumenti della certificazione tra le imprese più sostenibili dimostra una positiva percezione della loro capacità di contribuire alla mitigazione del proprio impatto sull’ambiente, ma anche di tradursi in investimenti in competitività. La diffusione, crescente nel tempo di strumenti ad adesione volontaria come le certificazioni accreditate dei sistemi di gestione, dimostra come siano una scelta profittevole e sostenibile per le imprese.